Giovine Montanaro
Giovanni Drovetti
“giovine montanaro” di Col San Giovanni
Il conte Luigi Francesetti, autore di un’importante opera sulle Valli di Lanzo, Lettres sur les Vallées de Lanzo (1823), scrive che gli abitanti di col San Giovanni “… hanno l’abitudine di emigrare in parte durante l’inverno, e forniscono un gran numero di domestici e operai, senza tuttavia avere con Torino tanti rapporti come quelli di Viù”.
Un giovane montanaro di Col San Giovanni è, per così dire, passato alla storia perché ricordato da Massimo D’Azeglio (1798 - 1866) nel suo libro postumo I miei ricordi (1867) e, successivamente, in un racconto di Luigi Gramegna, apparso nel 1925 su Cuor d’Oro, rivista per i ragazzi.
Massimo D’Azeglio, ne I miei ricordi, illustra il suo affettuoso, riconoscente, indelebile ricordo di Giovanni Drovetti, fedele servitore del padre Cesare.
Il marchese Cesare Taparelli d’Azeglio (Torino, 1763 - Genova, 1830) sposò nel 1788 Cristina Morozzo di Bianzé, dalla quale ebbe otto figli (tra cui Massimo, il quinto). Prese parte ai dibattiti culturali dell’epoca, iscrivendosi alla società dell’Amicizia cristiana, nata nel 1775 contro i principi del giansenismo. Trasferitosi poi a Firenze nel 1799, vi fondò l’Ape, giornale di ispirazione cattolica. Tornò a Torino nel 1807 e, in seguito, ricevette dal re Vittorio Emanuele un importante incarico diplomatico presso papa Pio VII. Fu attivo nell’associazione Amicizia cattolica e nel periodico L’Amico d’Italia e ricevette, nel 1823, da Alessandro Manzoni la famosa Lettera sul Romanticismo.
Scrive Massimo D’Azeglio: “Dal Colle San Giovanni … era venuto a servire in casa nostra Giovanni Drovetti giovine montanaro, proprio sgrossato coll’ascia, che mio padre, vedendolo però assai robusto, condusse al campo per servitore”. Cesare d’Azeglio prese parte come ufficiale alla guerra tra Francia e Piemonte e, nel maggio del 1795, quando era maggiore del Reggimento Provinciale Vercelli, al Piccolo San Bernardo venne ferito e catturato insieme a Giovanni Drovetti. Durante la prigionia in Francia, Drovetti fornì al marchese d’Azeglio grandi e spontanee prove di fedeltà ed amicizia. Quando poterono ritornare a casa, per volere di Cesare d’Azeglio, Drovetti venne soprannominato Pilade, come il personaggio mitologico greco simbolo dell’amicizia.
Pilade-Drovetti “… visse poi sempre in casa fino all’ultimo, ed ancora ho il piacere di pagare la sua pensione agli eredi”, così conclude Massimo d’Azeglio.
Copertine e pagine interne di Cuor d’Oro, col racconto di Luigi Gramegna (1925).
Copertine e pagine interne di Cuor d’Oro, col racconto di Luigi Gramegna (1925).
Copertine e pagine interne di Cuor d’Oro, col racconto di Luigi Gramegna (1925).
Copertine e pagine interne di Cuor d’Oro, col racconto di Luigi Gramegna (1925).
Copertine e pagine interne di Cuor d’Oro, col racconto di Luigi Gramegna (1925).
Copertine e pagine interne di Cuor d’Oro, col racconto di Luigi Gramegna (1925).
Copertine e pagine interne di Cuor d’Oro, col racconto di Luigi Gramegna (1925).
Il marchese Cesare d’Azeglio rifiuta di firmare una dichiarazione che, in cambio della sua liberazione, lo impegna a non combattere più contro i Francesi, nemici del re di Sardegna.
Il marchese Cesare d’Azeglio e Giovanni Drovetti scendono in un sotterraneo segreto, celato da una cassapanca, per assistere alla Messa celebrata clandestinamente. La donna con la candela è una nobildonna francese che, per poter rimanere in Francia, vive travestita da contadina.
Giovanni Drovetti non ha esitato a gettarsi in un fiume per aiutare due pescatori, in modo da ottenere come ricompensa un pesce con cui sfamare il suo padrone.
Cuor d’Oro era una rivista quindicinale di ispirazione cattolica destinata ai ragazzi, che aveva iniziato le sue pubblicazioni nel 1922 per terminarle bruscamente nel 1927.
Era diretta dai coniugi Francesca e Onorato Castellino e, oltre a Gramegna, collaboravano come autori Saverio Fino, Umberto Gozzano, Renzo Pezzani, Angiolo Silvio Novaro, Nino Costa e molti altri ancora.
La rivista era riccamente illustrata da importanti artisti dell’epoca: Attilio Mussino, Gustavino (G. Rosso), Giulio Boetto, Giulio Da Milano, Massimo Quaglino, Teonesto Deabate, Carlo Bergoglio, Enrico Gianeri, M. Pompei, F. Scarpelli, Carlo Nicco, Golia (E. Colmo), G. Porcheddu, E. Altara, E. Nardi, G. Ray, L. Edel.
Il racconto di Gramegna, dichiaratamente ispirato dal libro di Massimo d’Azeglio, ben si inserisce nel clima fortemente moraleggiante della rivista Cuor d’Oro. Narra il periodo trascorso in prigionia in Francia, sottolineando l’impegno di Giovanni Drovetti per aiutare in ogni modo il suo padrone, anche a costo di subire violenze ed umiliazioni.
Le illustrazioni, in bianco e nero, sono opera di Giulio Da Milano (Nizza Marittima, 1895 - Torino, 1990), allievo di Giacomo Grosso. Curiosamente, Giovanni Drovetti è sempre ritratto di spalle, con un abbigliamento che vorrebbe ricordare quello di un rude montanaro, lunga giacca informe stretta alla vita, pantaloni al ginocchio, grosse scarpe che ricordano gli zoccoli. Evidentemente, Da Milano non ha colto questa precisa indicazione di Gramegna: Drovetti vestiva “l’uniforme dei servi borghesi addetti agli ufficiali”.
Il marchese Cesare d’Azeglio, per contro, è ritratto di alta statura e di aspetto scarno, quasi ascetico, vestito con una improbabile uniforme di inizio settecento.
Il titolo del racconto, che nelle prime due puntate è “Un eroe?”, diviene nell’ultima “Un eroe”.
Forse non è un caso, e il cambio nel titolo del racconto pare rispondere affermativamente alla esplicita, e retorica, domanda che Gramegna intende porre ai suoi giovani lettori: si può considerare Giovanni Drovetti come un eroe?
Giovo Montagnin
Giovanni Drovetti
«giovo montagnin» dël Còl San Gioann
Ël cont Luigi Francesetti, autor ëd n’importanta euvra an sle Valade ’d Lans, Lettres sur les Vallées de Lanzo (1823), a scriv che j’abitant ëd Còl San Gioann «…hanno l’abitudine di emigrare in parte durante l’inverno, e forniscono un gran numero di domestici e operai, senza tuttavia avere con Torino tanti rapporti come quelli di Viù».
Un giovo montagnin ëd Còl San Gioann a l’é, parèj për dì, passà a la stòria përchè arcordà da Massimo d’Azeglio (1798-1866) ant sò lìber pòstum I miei ricordi (1867) e apress ant na conta ’d Luigi Gramegna, surtì ’nt ël 1925 ansima a Cuor d’Oro, n’arvista për ij giovo.
Massimo d’Azeglio, ant I miei ricordi, a anlustra so afetuos, arconossent, nen cancelàbil arcòrd ëd Giovanni Drovetti, fedel servitor ëd so pare Cesare.
Ël marchèis Cesare Taparelli d’Azeglio (Turin, 1763- Génoa, 1830) a l’avìa sposà ’nt ël 1788 Cristina Morozzo ’d Biansé, da la qual a l’avìa avù eut fieuj (fra i quaj Massimo, ël quint). A l’avìa pijà part ai debat colturaj ëd l’época, iscrivendse a la società dl’Amicizia cristiana, nassùa ’nt ël 1775 contra ij prinsipi dël giansenism. Trasferisse peui a Firense ’nt ël 1799, a l’avìa fondà l’Ape, giornal d’ispirassion catòlica. A l’era tornà a Turin ant ël 1807 e, an seguit, a l’avìa arseivù dal rè Vittorio Emanuele n’important incàrich diplomàtich press dël Papa Pio VII. A l’era stàit ativ ant l’associassion Amicizia cattolica e ’nt ël periòdich L’Amico d’Italia e a l’avìa arseivù, ant ël 1823, da Alessandro Manzoni la famosa Lettera sul Romanticismo.
A scriv Massimo d’Azeglio: «Dal Colle San Giovanni… era venuto a servire in casa nostra Giovanni Drovetti giovine montanaro, proprio sgrossato coll’ascia, che mio padre, vedendolo però assai robusto, condusse al campo per servitore». Cesare d’Azeglio a l’avìa pijà part, coma ufissial a la guèra tra Fransa e Piemont e, ant ël mèis ëd magg dël 1795, quand ch’a l’era magior dël Regiment Provinsal Vërsèj, al Cit San Bërnard a l’era stàit ferì e fàit përzoné ansema a Giovanni Drovetti.
Durant la përzonìa an Fransa, Drovetti a l’avìa furnì al marchèis d’Azeglio grande e gënite preuve ’d fedeltà e amicissia. Quand ch’a l’avìo peui podù torné a ca, për vorèj ëd Cesare d’Azeglio, Drovetti a l’era stài surnomà Pilade, coma ’l përsonagi mitològich grech sìmbol ëd l’amicissia.
Pilade-Drovetti «…visse poi sempre in casa fino all’ultimo, ed ancora ho il piacere di pagare la sua pensione agli eredi», parèj a finiss Massimo d’Azeglio.
Copertine e pagine interne di Cuor d’Oro, col racconto di Luigi Gramegna (1925).
Copertine e pagine interne di Cuor d’Oro, col racconto di Luigi Gramegna (1925).
Copertine e pagine interne di Cuor d’Oro, col racconto di Luigi Gramegna (1925).
Copertine e pagine interne di Cuor d’Oro, col racconto di Luigi Gramegna (1925).
Copertine e pagine interne di Cuor d’Oro, col racconto di Luigi Gramegna (1925).
Copertine e pagine interne di Cuor d’Oro, col racconto di Luigi Gramegna (1925).
Copertine e pagine interne di Cuor d’Oro, col racconto di Luigi Gramegna (1925).
Il marchese Cesare d’Azeglio rifiuta di firmare una dichiarazione che, in cambio della sua liberazione, lo impegna a non combattere più contro i Francesi, nemici del re di Sardegna.
Il marchese Cesare d’Azeglio e Giovanni Drovetti scendono in un sotterraneo segreto, celato da una cassapanca, per assistere alla Messa celebrata clandestinamente. La donna con la candela è una nobildonna francese che, per poter rimanere in Francia, vive travestita da contadina.
Giovanni Drovetti non ha esitato a gettarsi in un fiume per aiutare due pescatori, in modo da ottenere come ricompensa un pesce con cui sfamare il suo padrone.
Cuor d’Oro a l’era n’arvista ch’a surtìa minca quìndes di con n’ispirassion catòlica destinà ai giovo, ch’a l’avìa anandià soe publicassion ant ël 1922 për finìje ’nt ël 1927.
L’arvista a l’era direta da jë spos Francesca e Onorato Castellino e, dzorpì ’d Gramegna, a colaboravo coma autor Saverio Fino, Umberto Gozzano, Renzo Pezzani, Angiolo Silvio Novaro, Nino Costa e tanti àutri ancora.
L’arvista a l’era anlustrà an manera sgnora da d’important artista dl’época: Attilio Mussino, Gustavino (G. Rosso), Giulio Boetto, Giulio Da Milano, Massimo Quaglino, Teonesto Deabate, Carlo Bergoglio, Enrico Gianeri, M. Pompei, F. Scarpelli, Carlo Nicco, Golia (E. Colmo), G. Porcheddu, E. Altara, E. Nardi, G. Ray, L. Edel.
La conta dël Gramegna, diciaratament ispirà dal lìber ëd Massimo d’Azeglio, bin a s’inseriss ’nt ël clima motobin pien ëd moral ëd l’arvista Cuor d’Oro. A conta dël period passà an përzonìa an Fransa, sotliniand l’angagg ëd Giovanni Drovetti për giuté an tute le manere so padron, ëdcò a cost ëd subì ’d violense e d’umiliassion.
Le inlustrassion, an bianch e nèir, a son euvra ’d Giulio Da Milano (Nissa dël Mar, 1895 – Turin, 1990), anlev ëd Giacomo Grosso. Curiosament, Giovanni Drovetti a l’è sèmper arpijà dë spale, con n’abijament ch’a vorerìa arcordé col d’un rudi montagnin, giaca longa nen bin formà strèita a la vita, braje sota al ginoj, scarpe gròsse ch’a arcòrdo ij sòco. A l’é evident che Da Milano a l’avìa nen cujù costa precisa indicassion ëd Gramegna: Drovetti a vestìa «l’uniforme dei servi borghesi addetti agli ufficiali».
Ël marchèis Cesare d’Azeglio, për contra, a l’é rapresentà àut dë statura e con n’aspet dëscarnà, quasi mìstich, vesti con na pòch probàbila muda militar ëd l’inissi dël Sètsent.
Ël tìtol ëd la conta, che ’nt le prime doe puntà a l’é «Un eroe?», a dventa ’nt l’ùltima «Un eroe». Miraco a l’è nen un cas, e ’l cambi ’nt ël tìtol dël racont a smija rësponde afermativament a la direta, e retòrica, domanda che Gramegna a l’ha intension ëd rivòlge ai sò giovo letor: as peul consideré Giovanni Drovetti coma n’eroe?
Donatella Cane
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