La fòista e li travaj - La festa e i lavori
Elisabetta Ambrosino di Bertesseno,
Luigia Rigoletti di Richiaglio, |
In Valle le principali fonti di reddito erano l’agricoltura (praticoltura, cerealicoltura, frutticoltura), l’allevamento zootecnico (bovini, ovini, caprini) con le relative produzioni casearie (toma, burro, ricotta), la selvicoltura. Le donne si dedicavano alla lavorazione della lana e della canapa. Vari artigiani si occupavano della lavorazione del legno, del ferro, della pietra e, soprattutto nei secoli passati, di estrazioni minerarie. Ben sviluppata e fiorente era l’attività dei tornitori in legno (li tornior).
I tornitori in legno di Viù. A partire dal Settecento l’incremento della popolazione e i ristretti proventi agricoli, provocarono l'emigrazione stagionale di Viucesi verso la pianura e Torino, dove lavoravano come domestici, cuochi (li cusiné), portantini e cocchieri presso la Corte e le famiglie nobili. Esercitavano anche il mestiere di oste, brentatore (lo brindo’), lustrascarpe, facchino d'albergo. Le donne di Viù erano molto richieste come balie dalle famiglie signorili torinesi. Altri emigranti valicavano il vicino confine attraverso uno degli agevoli passi e raggiungevano la Francia o anche il Belgio, dove esercitavano preferibilmente il mestiere di minatore, di muratore stagionale e di manovale mentre le ragazze si occupavano nelle filande. Attualmente l’agricoltura è quasi sempre integrativa ad altri impieghi (industrie di bassa valle, commercio, turismo, ecc.). Continuano alcune attività artigianali per la lavorazione del legno e del ferro. I lunghi periodi di lavoro che costituivano la vita dei valligiani erano scanditi da significativi momenti di festa. Oltre alla ricorrenza di San Martino, patrono di Viù, e alle fiere assumevano, ed assumono ancora, particolare rilevanza le feste patronali di varie frazioni. Storia di una cameriera ovvero Bentornata Baronessa, |